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Il nucleare non è né indispensabile né conveniente. Perché
imporlo con un disegno di legge che prevede addirittura il
commissariamento degli Enti locali ? L'alternativa delle
energie rinnovabili non solo è possibile, ma migliora la
qualità dello sviluppo !
a cura di Marco Pezzoni
PARTE I Il Disegno di legge per il ritorno del nucleare in Italia, già votato alla Camera e attualmente in discussione al Senato, si configura come una misura "centralistica" che esautora i territori e impone la costruzione di nuove centrali nucleari anche contro la volontà delle popolazioni locali Nucleare da decidere entro il giugno 2009. Cioè appena dopo le elezioni amministrative! Quando lo ha detto l'estate scorsa Claudio Scajola, ministro dello Sviluppo economico, i più non lo hanno preso sul serio. Quando Scajola si è recato in Giappone per annunciare il rientro dell'Italia nel Club dei Paesi produttori di energia dal nucleare, molti hanno pensato alla solita politica dell'annuncio. In piena bagarre per il rilancio della nuova Alitalia, a molti è sfuggito l'impegno assunto dalla presidente di Confindustria Emma Marcegaglia ad acquistare in via preferenziale, da parte delle grandi industrie manifatturiere, energia elettrica dalle nuove centrali nucleari quando saranno costruite in Italia: una ovvietà da un lato, dall'altro un impegno esplicito che dovrebbe vincolare la Confindustria del 2020!! Quando 4 mesi fa il Governo italiano ha firmato un accordo di cooperazione sul nucleare civile con la Russia, si è pensato ad un atto di amicizia verso Putin. E quando l'ENEL agli inizi di febbraio ha annunciato 3.000 nuove assunzioni, malgrado la crisi economica mondiale, molti analisti hanno pensato fosse un modo per favorire il rialzo delle proprie azioni ormai troppo svalutate. Scarne reazioni anche quando Silvio Berlusconi nella conferenza di fine anno ha confermato che il suo governo avvierà accordi per produrre energia con l'uranio arricchito. In prima battuta, ha detto il Presidente del Consiglio, «attraverso accordi esteri» con la Francia di Sarkozy, nonostante l'incidente nello stabilimento di Tricastin, lo scorso 8 luglio, con oltre 100 operai contaminati, e con la Bulgaria negli impianti di Belene, finanziati con i soldi della Bnl e la partecipazione dell'Enel. Subito dopo, ha annunciato il premier, «si procederà anche con la costruzione sul territorio italiano di nuove centrali nucleari e con la riattivazione di quelle chiuse». Anche qui, pochi gli hanno dato retta. E invece Berlusconi ha aspettato l'incontro ufficiale con Sarkozy, avvenuto il 24 febbraio, per annunciare un accordo politico "pesante" tra Francia e Italia per la costruzione di 4 nuove centrali nucleari sul territorio italiano, mentre parallelamente ENEL e la francese EDF firmavano una lettera di intenti per la concreta realizzazione di questo progetto, senza nemmeno attendere le decisioni del Parlamento italiano! Per la precisione ENEL ed EDF hanno sottoscritto due "memorandum of understanding" con cui si impegnano a "costruire una joint-venture paritetica che sarà responsabile dello sviluppo degli studi di fattibilità per la realizzazione di 4 unità di generazione". Dunque si tratta di un accordo tra imprese che, al momento, non vincola ancora lo Stato italiano, malgrado Berlusconi abbia già anticipato gli
orientamenti del Parlamento che, se non avvallasse il ritorno al nucleare, non esporrebbe ad alcuna penale il Governo italiano. Adesso si spera che il Piano di rinascita del nucleare perseguito da Berlusconi con questa tattica di continuo scavalcamento delle istituzioni ( Parlamento, Regioni, Enti Locali) e aggiramento dei problemi veri, venga preso finalmente sul serio, anche perché si inserisce perfettamente nel suo disegno più complessivo che mira ad alterare e modificare equilibri del nostro Paese non solo sul piano sociale e politico-democratico, ma anche strutturale, che possono mettere a repentaglio la coesione nazionale. Preoccupazioni esagerate? Si sappia allora che nel collegato alla Finanziaria intitolato «Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese nonché in materia di energia», già votato dalla Camera e in corso di esame alla X Commissione del Senato (Atto Senato 1195), il governo sta varando una serie di norme, surrettiziamente infilate nel cosiddetto "ddl anticrisi", che preparano il terreno e anticipano "strutturalmente" la reintroduzione del nucleare in Italia. Nel disegno di legge, stralcio della legge 133 approvata il 6 agosto, dopo gli articoli "civetta" su «Distretti produttivi e reti di imprese», «Riforma degli interventi di reindustrializzazione», «Riordino del sistema degli incentivi», «Internazionalizzazione delle imprese», «Proprietà industriale» e «Iniziative a favore dei consumatori», ecco finalmente il "nocciolo duro" della questione: L'articolo 14 recita: «Delega al governo in materia nucleare»; L'articolo 15: «Energia nucleare»; L'articolo 16: «Misure per la sicurezza e il potenziamento del settore energetico»; L'articolo 17: «L'agenzia per la sicurezza nucleare»; L'articolo 18: «Misure per l'efficienza del settore energetico»; L'articolo 19: «Funzionamento dell'Ispra»; L'articolo 20: «Istituzione dell'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile - Enea». Fermiamoci qui, anche perché il disegno di legge riparte poi con altre questioni, oltre che con la fissazione della «Tutela giurisdizionale» (art. 24) che restituisce alla competenza esclusiva «del giudice amministrativo e del tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma, tutte le controversie, anche in relazione alla fase cautelare e alle eventuali questioni risarcitorie. concernenti il settore dell'energia», stabilendo inoltre che tale competenza esclusiva «si applica anche ai processi in corso. e l'efficacia delle misure cautelari emanate da un'autorità giudiziaria diversa è sospesa fino alla conferma, modifica o revoca da parte del Tar del Lazio». Allertati da tale concentrazione di poteri giurisdizionali nelle mani del solo tribunale amministrativo romano, chiunque e ovunque accenda controversie o commetta reati a sfondo "energetico", ritorniamo alla questione primaria, ovvero ai sette articoli "incriminati". Il primo paragrafo dell'articolo 14 dice: «Il governo è delegato ad adottare, entro il 30 giugno 2009, uno o più decreti legislativi. per la disciplina della localizzazione di impianti di produzione di energia elettrica nucleare nonché dei sistemi di stoccaggio dei rifiuti radioattivi e del materiale nucleare nel territorio nazionale, e per la definizione delle misure compensative da corrispondere alle popolazioni interessate». La delega è esercitata attraverso la «possibilità di dichiarare i siti "aree di interesse strategico nazionale" soggette a speciali forme di vigilanza e protezione»; «previsione delle modalità che i produttori di energia elettrica nucleare devono adottare per la sistemazione dei rifiuti radioattivi e dei materiali nucleari irraggiati»; «previsione che la costruzione e l'esercizio di impianti per la produzione di energia elettrica nucleare e di impianti per la messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi. siano considerati attività di preminente interesse statale "soggette ad autorizzazione unica" rilasciata su istanza del soggetto richiedente con decreto del ministro dello Sviluppo economico»; «previsione che l'autorizzazione unica sia rilasciata a seguito di procedimento unico a cui partecipano le
amministrazioni interessate nel rispetto dei principi di semplificazione» (silenzio assenso); «l'autorizzazione deve comprendere la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità e urgenza delle opere, l'eventuale dichiarazione di inamovibilità e l'apposizione del vincolo preordinato di esproprio dei beni; l'autorizzazione unica sostituisce ogni provvedimento amministrativo, concessione, nulla osta, atto di assenso o atto amministrativo comunque denominati». L'articolo 15 precisa: «Con delibera del Cipe (comitato interministeriale per la programmazione economica) su proposta del ministro per lo Sviluppo economico, sentito il ministro dell'Ambiente e le Commissioni parlamentari competenti, sono definite le tipologie degli impianti per la produzione di energia elettrica nucleare che possono essere realizzati sul territorio nazionale». All'articolo 16 si stabilisce tra l'altro che «con atto di indirizzo strategico del ministro dello Sviluppo economico e del ministro dell'Economia sono ridefiniti i compiti e le funzioni della società Sogin Spa (Società gestione impianti nucleari) prevedendo. il conferimento di beni o rami d'azienda a una o più società operanti nel settore energetico»; «al fine di accelerare e assicurare l'attuazione dei programmi per l'efficienza e il risparmio energetico, il ministro dello Sviluppo economico. predispone un "piano straordinario" entro il 31 dicembre 2009». Segue l'elencazione di tutte le forme con cui le amministrazioni comunali e gli enti locali potranno aggirare i vincoli paesaggistici, urbanistici, i piani regolatori, le norme antiabusivismo, le concessioni demaniali, consentendo le inosservanze su varianti, vincoli, destinazioni d'uso di terreni e fabbricati, cubature, distanze di rispetto, valutazioni di impatto ambientale e via derogando. E arriva, in fondo, anche l'articolo 17, per l'istituzione dell'Agenzia per la sicurezza nucleare: «L'Agenzia svolge le funzioni e i compiti di autorità nazionale per la regolamentazione tecnica, il controllo e l'autorizzazione ai fini della sicurezza delle attività concernenti "gli impieghi pacifici dell'energia nucleare", la gestione e la sistemazione dei rifiuti radioattivi e dei materiali nucleari, la protezione dalle radiazioni, nonché le funzioni e i compiti di salvaguardia degli impianti e dei materiali nucleari». L'Agenzia «è composta dalle strutture dell'attuale Dipartimento nucleare, rischio tecnologico e industriale dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) e dalle risorse dell'Ente per le nuove tecnologie, l'energia e l'ambiente (Enea)», con un dotazione di personale di 100 unità provenienti per metà dall'uno e per metà dall'altro, entrambi svuotati nella vecchia versione dei compiti precedenti e ripristinati in due omonime nuove strutture con altre e ridimensionate attività. In tutto ciò, «l'agenzia è la sola autorità nazionale responsabile per la sicurezza e la salvaguardia nucleare». Sarà un «organo collegiale composto dal presidente e da quattro membri nominati con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del presidente del Consiglio su delibera del Consiglio dei ministri. Il presidente del Consiglio designa il presidente dell'Agenzia, due membri sono designati dal ministro dell'Ambiente, gli altri due membri sono designati dal ministro dello Sviluppo economico. Il presidente e i membri dell'Agenzia sono scelti tra persone di indiscussa moralità e indipendenza, di comprovata professionalità ed elevata qualificazione e competenza nel settore della tecnologia nucleare». Anche l'articolo 22 torna sulla questione del nucleare e per quanto riguarda messa in sicurezza delle scorie radioattive e individuazione di siti adeguati per lo stoccaggio affida al Ministro della Difesa la decisione di destinare siti militari o del demanio militare a questo fine. Di particolare rilevanza è la modifica del comma 4 dell'articolo 11 del Decreto 79 del 16 marzo 1999 "Energia elettrica da fonti rinnovabili": con questa modifica l'energia nucleare viene equiparata alle energie rinnovabili. Lo scopo? Fingere di mettersi a posto sul piano formale con le indicazioni dell'Unione Europea che chiede ai diversi Paesi di raggiungere entro il 2020 l'obiettivo del 20% di produzione dell'energia con fonti rinnovabili e accedere ai finanziamenti pubblici del CIP6 che il
consumatore italiano già paga nella sua bolletta della luce. Ma in tutta evidenza il nucleare non può essere contrabbandato per energia rinnovabile, perché si basa sull'utilizzo di un combustibile, l'uranio, che esiste in natura in quantità finite. Lo ha ribadito anche l'Unione Europea con Ferran Tarradellas, portavoce del Commissario Andris Piebalgs: "l'energia nucleare non è considerata una fonte rinnovabile, pertanto non è calcolata nel mix di fonti con il quale ciascun paese deve raggiungere i target concordati". Ancora più preoccupante è il comma 2, lettera f) dell'articolo 14 dove vengono previsti poteri sostitutivi nei riguardi degli Enti locali e delle Regioni che rifiutano l'individuazione sul loro territorio di siti idonei alla installazione delle nuove centrali nucleari, con nomina da parte del Governo di un Commissario che ha il compito di garantire e assicurare il pieno successo del "procedimento unico" e dell'"autorizzazione unica" per la costruzione della nuova centrale nucleare. La questione della cancellazione del consenso del territorio e delle sue Istituzioni rappresentative solleva un problema di democrazia ancora più rilevante, se possibile, della questione ambientale ed economica. E risulta tanto più paradossale nel momento in cui, contemporaneamente, il Parlamento discute di federalismo fiscale e, a parole, proclama la pari dignità delle istituzioni nazionali e di quelle regionali e locali. Questa vera e propria beffa non si gioca su un terreno di poca rilevanza : quella del rientro dell'Italia nel club dei Paesi costruttori di centrali nucleari dovrebbe essere una scelta compiuta con una legittimazione democratica almeno pari a quella che , 22 anni fa, attraverso un referendum nazionale popolare, ne decise la fuoriuscita. Se oggi una maggioranza parlamentare ritiene superato quel referendum per decisione dei soli vertici politici che reggono gli equilibri interni al centro-destra e si predispone a cancellare la voce dei territori, individuati come "siti strategici", con la misura del Commissariamento, ebbene deve sapere che questo gravissimo "strappo democratico", che nessun Paese europeo contempla nella propria legislazione, espone questa scelta centralistica e arrogante al ricorso continuo e ripetuto nei prossimi anni dello strumento del referendum ad ogni livello. Vorrei ricordare che il 23 marzo 2007 la Commissione per gli affari costituzionali del Parlamento Europeo , esprimendo un proprio parere sull'EURATOM e su 50 anni di politica europea in materia di energia nucleare, ricordando che " su 27 Stati membri dell'Unione Europea 11 non hanno mai avuto centrali nucleari sul proprio territorio: che l'Italia ha rinunciato alla produzione di elettricità di origine nucleare e Belgio, Germania, Paesi Bassi e Svezia hanno preso una decisione analoga", ha invitato i governi " a indire una Conferenza per la revisione del Trattato EURATOM al fine di abrogare le disposizioni obsolete e antiquate del Trattato, segnatamente per quanto riguarda la promozione dell'energia nucleare e la mancanza di procedure decisionali democratiche". PARTE II PROBLEMATICHE DA APPROFONDIRE 1) UNA SCELTA STRATEGICAMENTE ED ECONOMICAMENTE SBAGLIATA. La costruzione di nuove centrali nucleari è antieconomica, non è una misura anticiclica, crea un numero assai limitato di posti di lavoro in rapporto agli investimenti giganteschi di cui necessita: 3 miliardi di euro per ogni nuova centrale nucleare che possono diventare 5 nei prossimi 5-10 anni. La crisi mondiale attuale ha bisogno di investimenti strategici con efficacia entro i prossimi 2-3 anni, come dimostra il Piano di Obama: investimenti per 150 miliardi di dollari per fonti rinnovabili e risparmio energetico con la creazione di 4-5 milioni di nuovi posti di lavoro. Leggere gli articoli illuminanti di Giovannibattista Zorzoli, storico esperto di energia nucleare in Italia e profondo conoscitore delle
esigenze del mercato elettrico. Vedere anche lo studio CESI Ricerca che sostiene utile e conveniente l'energia elettrica prodotta dal nucleare, solo se il costo del petrolio supera i 65 dollari a barile. Il prof. Ugo Bardi, presidente di ASPO, ha promosso in Italia una nuova metodologia che valuta la convenienza dell'investimento dal rapporto tra costo dell'energia utilizzata per la costruzione e gestione dell'impianto e ritorno energetico calcolato sulla quantità prodotta durante le vita dell'impianto stesso: questo metodo si chiama EROEI, acronimo inglese da " Energy Return on Energy Investment". Recentemente il ministro Tremonti ha lanciato l'allarme sulla "stretta creditizia" che rischia di strangolare la vitalità e il futuro di migliaia di imprese italiane. Giusta, anzi giustissima questa preoccupazione: peccato che le banche siano chiamate o costrette a contribuire in via prioritaria a coprire l'ingigantirsi del debito ENEL. 2) PER USCIRE DALLA CRISI ECONOMICA MEGLIO INVESTIRE NELLE ENERGIE RINNOVABILI. Proprio la "stretta creditizia" dovrebbe spingerci adesso a modernizzare il nostro sistema produttivo e il nostro sistema energetico, destinando a questo scopo tutte le risorse finanziarie disponibili. La priorità delle priorità è salvare, riqualificandola, la "rete" delle nostre imprese per renderle capaci di attraversare l'attuale crisi mondiale e in grado di ricollocarsi nei nuovi scenari, una volta che siano profondamente modificati. Al contrario l'investimento di quasi 20 miliardi richiesto per la costruzione delle 4 nuove centrali non solo prevede un ritorno economico nel lungo periodo, ma appare "laterale" alle esigenze del nostro sistema produttivo. Molto più urgente finanziare un piano di modernizzazione dei trasporti ferroviari per merci e per pendolari, ricordando che la rete ferroviaria italiana è molto meno sviluppata di quella tedesca e di quella francese. Molto più strategico per l'industria manifatturiera e per la stessa agricoltura posta sulle rive del Po il finanziamento completo della "regimazione" del fiume per renderlo davvero navigabile tutto l'anno (tra l'altro il progetto prevede 170 MW di potenza installata e la produzione media di un milione di chilowattora all'anno grazie agli impianti idroelettrici che sfruttano i nuovi sbarramenti). Molto più in sintonia con la nostra vocazione agricola e agroalimentare di livello mondiale sostenere l'energia prodotta da fonti rinnovabili, come il solare termico e fotovoltaico o come l'eolico, investire nei settori delle biomasse, dei biocombustibili "a filiera corta", del biogas. Negli ultimi anni è molto cresciuta anche in Italia la quota di energia elettrica generata in centrali termoelettriche o in termovalorizzatori dalla combustione di biomasse, rifiuti industriali o urbani. Poiché il 61% di tale quota è prodotta a partire dai cosiddetti " RSU" che non sono strettamente assimilabili alle fonti rinnovabili, se non per la frazione organica che contengono, non li ho conteggiati nel paragrafo 3) per un rigore forse eccessivo e per evitare di offrire ai sostenitori del nucleare come " fonte rinnovabile" appigli pretestuosi. Anche nella prospettiva della " società sostenibile" sostenuta dai Meadows, l'energia da fonti davvero rinnovabili si concilia meglio con un modello di società a responsabilità diffusa, con la consapevolezza che la terra ha risorse finite e che prima o poi dovremo modificare consumi e comportamenti sociali. Le energie rinnovabili sono una valida e concreta alternativa alle centrali nucleari nella produzione di energia elettrica, e possono meglio accompagnare le nostre società nella transizione verso un sistema sostenibile, sapendo però che anche loro non sono in grado di alimentare uno sviluppo infinito e che non si deve comunque abusare dell'uso dei terreni a fini energetici. Proprio per questo nell'immediato è bene non sottovalutare il risparmio energetico anzi, meglio, l'uso razionale dell'energia da incoraggiare non solo a livello di consumo e nell'isolamento termico degli edifici (questo settore sì, andrebbe rifinanziato in modo più consistente!), ma attraverso la creazione e lo sviluppo di imprese di produzione, commercializzazione e installazione della componentistica per l'efficienza energetica.
3) NON SOLO GLI USA DI OBAMA, ANCHE GERMANIA E SPAGNA PUNTANO SULLE RINNOVABILI. Oggi in Italia il contributo delle rinnovabili alla produzione energetica primaria è di poco superiore al 3% ( tenendo conto che l'80% è rappresentato sostanzialmente da petrolio e gas), contributo che equivale al 14% se riferito invece al solo settore dell'energia elettrica: dunque esistono grandissimi margini di crescita, basta investire in questa direzione come gli USA di Obama che puntano ad un raddoppio dell'elettricità verde in 3 anni o come hanno fatto Germania e Spagna nel solare termico e nel fotovoltaico. Persino il Portogallo ci sta surclassando: secondo il Financial Times del 28 febbraio, è ormai un leader mondiale nelle fonti alternative con il suo programma di produrre entro il 2020 il 60% dell'energia elettrica da fonti alternative. Persino la Francia ha raddoppiato i propri impianti eolici, arrivando ad una produzione di 4 mila M.W, l'equivalente di 3 centrali nucleari. Certo, ogni Paese deve costruire un proprio specifico modello energetico, fondato su un mix in grado di meglio corrispondere alle proprie peculiarità economiche e territoriali. Proprio per questo non si spiega l'ideologica (o interessata) insistenza sul nucleare in Italia, quando l'obiettivo di diminuire la nostra dipendenza dall'estero può agevolmente e più rapidamente essere raggiunta con investimenti complessivamente meno costosi nelle fonti rinnovabili che, oltretutto, hanno un impatto ambientale minimo, contribuiscono in modo efficace a fermare il "global warming" e le modificazioni climatiche, possono godere di un più ampio consenso tra le popolazioni. Questo è un punto politico centrale. Perché insistere con megacentrali nucleari che spaccano le popolazioni locali, militarizzano la sicurezza e il territorio, dividono gli Enti locali tra chi ha diritto ai vari "tesoretti "compensativi e chi, senza ricevere nulla, deve comunque essere coinvolto nei Piani di sicurezza ed evacuazione? Non è meglio puntare decisamente su una rete di produzione e di distribuzione di energia più diffusa e intelligente, in grado di convivere e accompagnare nella sua crescita economica e civile una società più complessa, più democratica, più corresponsabilizzata nei destini della propria comunità? Si veda a questo proposito l'editoriale di Gianni Silvestrini, direttore scientifico del Kyoto Club, sulla rivista QualEnergia dove parla di "rivoluzione energetica" già in atto nel 2008 in Europa con l'eolico, in termini di potenza netta elettrica installata, posizionatosi al primo posto (35%), seguito dalle centrali a gas (29%) e, al terzo posto, dal fotovoltaico (19%). E si veda il documento "Proposte del Partito Democratico sulle linee guida per un Piano sull'energia e sui mutamenti climatici per l'Italia". L'alternativa al ritorno al nucleare è assolutamente a portata di mano: basta portare il contributo delle fonti rinnovabili alla produzione di energia elettrica dall'attuale 14% al 30% per coprire l'intera potenza che verrà apportata solo dopo il 2020 dalle future 4 centrali nucleari. Dunque uno sforzo percentualmente inferiore della metà a quello che sta progettando il Portogallo e paragonabile a quello che già sta sostenendo la Francia in questo settore. A proposito, perché non copiamo la Francia nelle rinnovabili, che sono il futuro, piuttosto che inseguirla sul nucleare ? In realtà il modello francese, secondo il prof. Angelo Baracca, docente di fisica all'Università di Firenze, è tutt'altro che invidiabile visto che nel 2008 ha importato più petrolio della stessa Italia, malgrado produca il 73% dell'energia elettrica con il nucleare. Il futuro, secondo Thomas L. Friedman, è tutto dalla parte delle fonti rinnovabili: la prossima grande industria globale sarà l'E.T. ( Energy Technology) con l'innovazione scientifica a guidare sistemi energetici puliti e acquisterà una rilevanza paragonabile all' attuale I.T. ( Information Technology). Il recente Rapporto delle Nazioni Unite sui green jobs conferma il tema ambientale come " nuovo paradigma industriale": il mercato globale dei prodotti e servizi ambientali è destinato a crescere entro il 2020 dagli attuali 1.370 miliardi di dollari a 2.740 miliardi di dollari, generando oltre 15 milioni di nuovi posti di lavoro.
4) IL NUCLEARE INVECE E' UN GRANDE AFFARE SOLO PER LE LOBBY. L'accordo tra ENEL e EDF francese si configura come un "grande affare" di lobby interessate ad aumentare il loro potere economico, indipendentemente dalla qualità e reale utilità dei progetti: così
ENEL, fortemente indebitata (61 miliardi di euro di esposizione finanziaria), può acquisire subito il 25% della spagnola Endesa, e la Società francese può venderci il suo modello EPR (Reattore europeo ad acqua pressurizzata) ancora poco diffuso e venduto nel mondo, dove è più accreditato il modello Westinghouse- Toshiba. Bisogna tenere presente che tanto ENEL che EDF hanno dietro le spalle i rispettivi Governi: il 31% di ENEL è in mano al Ministero del Tesoro e alla Cassa depositi e prestiti e quindi se Berlusconi, Tremonti, Scajola hanno deciso una linea, difficilmente la dirigenza ENEL se ne discosta. Anche perché per ridurre il proprio debito ha bisogno della "protezione" del governo e del sostegno del governo per avere sottoscrittori sicuri al proprio aumento di capitale previsto in 8 miliardi di euro. E così la Cassa Depositi e prestiti ha rinviato al luglio 2010 la cessione del proprio 10%, sollecitato dall'Antitrust affinchè ENEL si trasformi davvero in ex monopolista. Mentre il ministro Tremonti ha garantito 2,5 miliardi di euro dalle casse del Tesoro e Mediobanca, Jp Morgan e banca IMI si sono impegnate a sottoscrivere tutte le nuove azioni non richieste dal mercato fino a 5,5 miliardi !!Il prezzo di emissione delle nuove azioni si saprà a giugno, dopo le prime decisioni politiche sul nucleare. Nel frattempo Enel ha già avviato cessioni per 10 miliardi che però saranno completate entro il prossimo anno: 6 arriveranno dalla vendita di una parte della rete elettrica a Terna e dalla cessione della rete gas su cui ci sono due offerte ( F21 e Generali). Prevista anche la cessione di una quota della società che produce energia rinnovabile, Enel Green power, tanto per non smentire un totale "allineamento" alla dottrina nuclearista. Da un anno l'ENEL ha anche accentuato una specifica e forte azione di propaganda a favore dell'energia nucleare, cercando di condizionare giornali, tv, parlamentari e proponendosi come canale informativo, " per una discussione senza preconcetti", tra Italia-Europa-mondo sull'energia del futuro. Mentre sfacciatamente seleziona le notizie e promuove solo quelle di comodo, come nel caso delle indicazioni che vengono dalla Commissione europea o dal Parlamento europeo, di cui si enfatizza ad esempio il pronunciamento del 24 ottobre 2008 per quanto riguarda l'opinione che " le riserve di uranio hanno una durata stimata di oltre 200 anni", oppure che " la tecnologia nucleare sostenibile" ( sic!) sia a portata di mano. Nulla ha detto sul fatto che la Commissione europea sin dal 1998 ha aperto una nuova via presentando il Libro Bianco per una strategia e un Piano d'azione della Comunità intitolato " Energia per il futuro: le fonti energetiche rinnovabili". E oggi dimentica che il Parlamento europeo, nell'approvare l'11 febbraio 2009, la Relazione di Anne Laperrouze per un radicale mutamento della politica energetica europea, ha non solo sollecitato rigassificatori anche come unità galleggianti, ha richiesto nuovi stanziamenti per una " super-rete europea" di trasporto dell'energia che colleghi Mare del Nord, Baltico, Mediterraneo, ha parlato dell'energia nucleare prodotta da 15 dei 27 Paesi dell'Unione, ma ha anche chiesto a tutti gli Stati membri di raggiungere l'obiettivo del 60% di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili e di perseguire un miglioramento dell'efficienza energetica del 35% per contribuire a ridurre le emissioni di gas serra. 5) NEI PROSSIMI 20 ANNI SEMPRE MENO CENTRALI NUCLEARI IN TUTTO IL MONDO. I dati IAEA (Agenzia Internazionale per l'energia atomica), Rapporto 2008, dicono che nel mondo la produzione di energia da fonte nucleare è diminuita dal 15% al 14% sul totale globale, in particolare l'Unione Europea ha visto l'anno scorso diminuire del 6% l'energia prodotta dal nucleare, pari a 60 miliardi di Kwh in meno, l'equivalente di 10 Reattori nucleari in meno. Questa tendenza ad una progressiva diminuzione della presenza del nucleare nel mondo è ormai impossibile da invertire: anche prolungando fino a 40 anni la vita delle attuali centrali in funzione (la vita delle 117 unità già chiuse è stata di soli 22 anni), occorrerebbe che entro il 2015 entrassero in funzione ben 70 nuove centrali per sostituire quelle prossime alla chiusura. Entro il 2020 ne servirebbero ulteriori 192 unità, una ogni 18 giorni. A questo proposito si veda "Lo stato dell'industria nucleare mondiale nel 2007" scritto da Mycle Schneider. Consapevole di questa tendenza reale, il Foro Nuclear, associazione di industriali del settore, ha reagito con una campagna di disinformazione che mette insieme reattori in costruzione ( nel
mondo non sono più di 40, concentrati in Russia, Cina, India, Corea del sud) con i reattori che potrebbero essere progettati per colmare un gap crescente, spacciandoli come certi mentre non sono ancora nemmeno ai primi stadi della decisione politica. Piuttosto dovrebbe far riflettere che le centrali nucleari in costruzione, salvo pochissime eccezioni, siano ormai dislocate per la maggior parte in società e in economie ad uno stadio di sviluppo diverso da quello occidentale più avanzato: 2 in Bulgaria, 2 in Ucraina, 8 in Russia, 11 in Cina, 6 in India sempre con apporto decisivo del finanziamento pubblico. Negli Stati Uniti sono state chiuse 28 centrali nucleari, una solo è in costruzione malgrado i forti incentivi previsti dal Bill Energy Act del 2005 da Bush. Christopher Crane, presidente della Exelon, una delle principali imprese elettiche Usa, ha dichiarato che "nessuno potrebbe costruire impianti nucleari in assenza di garanzie sui prestiti e senza quegli incentivi i nuovi impianti forse non sarebbero sulla rampa di lancio". 6) MERCATO ELETTRICO NAZIONALE E DIPENDENZA Troppo spesso si dimentica che le centrali nucleari producono solo energia elettrica, ma l'energia elettrica è solo il 20% dei nostri consumi energetici. In Italia l'80% dell'energia che consumiamo soprattutto nei trasporti e in agricoltura non è elettrica, ma è alimentata dal petrolio, mentre il gas domina il mercato domestico. Le 4 centrali nucleari EPR, della potenza di 1.600 M.W. ciascuna, dovrebbero coprire, secondo i dati del ministro Scajola, circa un quarto del mercato elettrico nazionale; dunque difficilmente potrebbero favorire una discesa del costo dell'energia elettrica, davvero troppo alto in Italia, non perché scarsamente disponibile, ma perché gestito e trasportato da un sistema inefficiente. In realtà molti esperti e persino le analisi statistiche di Terna, società che gestisce dal 2005 la rete di trasmissione elettrica nazionale, valutano percentualmente assai inferiore l'apporto delle 4 future centrali nucleari, valutandolo non superiore al 15% del fabbisogno elettrico attuale. Come è possibile che un Ministro sostenga una incidenza del 25% ( cioè un quarto) ed esperti del settore il 15% ? Le ragioni vanno ricercate, in parte, nelle opportune distinzioni tra potenza installata, produzione lorda o netta, fabbisogno di energia elettrica e andamento del consumo nazionale con le sue variazioni giornaliere, notturne e stagionali e i suoi picchi. In parte con l'esigenza propagandistica di " gonfiare" l'apporto percentuale del nucleare ( percentuale perché la potenza dei 4 EPR è e rimane 6.400 MW in totale) per attrarre consensi. Ebbene anche prendendo per buone le cifre di Scajola, il contributo delle 4 future centrali nucleari sarebbe "minimale" e facilmente rimpiazzabile con le fonti sostenibili . A meno che il disegno vero, in ritardo e in controtendenza con i processi mondiali più innovativi, non sia quello di moltiplicare successivamente il numero delle centrali da costruire sull'intero territorio italiano, una volta vinta la battaglia con i primi 4 siti-cavia . Ma vediamo in dettaglio i dati più significativi del mercato elettrico italiano, non solo secondo le statistiche di Terna ma secondo le Tavole dell'ISTAT : nel 2007 in Italia il consumo o fabbisogno lordo è stato di 360.170 Gigawattora ( Gwh); il consumo nazionale netto di 340.000 Gwh; la produzione nazionale lorda di 315.000 Gwh. Abbiamo dunque dovuto importare dall'estero 44.000 Gwh, cioè il 13,6% del nostro fabbisogno nazionale lordo di elettricità, equivalente al 2,7% del fabbisogno energetico complessivo del nostro Paese. E' questa la dipendenza che dovremmo a tutti costi abolire ? Teniamo conto che il 90% dell'elettricità che acquistiamo la importiamo dalla Svizzera e dalla Francia, paesi stabili, sicuri e amici. Dunque quando parliamo di dipendenza dall'estero dobbiamo riferirci a ben altro, in particolare alle forniture di petrolio e gas che non saranno minimamente ridotte dalla produzione di energia elettrica dal nucleare perché non è un loro concorrente diretto né nel trasporto privato né nel riscaldamento delle abitazioni né in settori economici quali l'agricoltura e la circolazione delle merci. Anzi, accade il contrario: mentre il nucleare è rigido e monodirezionale, il petrolio e soprattutto il gas sono "duttili" e ad uso plurimo. Basti pensare che ben il
73% dell'energia elettrica prodotta in Italia è assicurata dalle nostre centrali termoelettriche, alimentate per il 65% da gas naturale, per il 16% da carbone, dal 9% da petrolio e derivati. Da segnalare che negli ultimi 10 anni è avvenuto una fortissima sostituzione del petrolio da parte del gas naturale come combustibile principale delle centrali termoelettriche per due ragioni: il gas ha per ora oscillazioni di prezzo inferiori a quello del petrolio e proviene da aree meno instabili politicamente. La questione della dipendenza è più complessa di quello che sembra e si risolve piuttosto nell'interdipendenza e nella regolazione mondiale dei mercati. L'unica modalità di generazione energetica veramente "interna" è quella delle fonti rinnovabili!! 7) SOLO 2 REATTORI EPR IN COSTRUZIONE IN EUROPA. La nuova " ideologia" del nucleare si avvale di una efficace campagna mediatica che spaccia con superficialità dati tutt'altro che fondati: l'uranio costerebbe poco. Non è vero, come dimostra da tempo il premio Nobel Carlo Rubbia: nei prossimi anni potrebbe aumentare di molto per giochi di mercato o sulle ali della corsa al riarmo, ed è comunque un materiale sempre più costoso da reperire in natura e poi "trattare" e arricchire con un processo industriale che produce comunque CO2. Altro luogo comune: il nucleare ce l'hanno tutti! A oggi sono 30 su 192 i Paesi con centrali nucleari; certo nei decenni scorsi avere il nucleare garantiva un certo prestigio internazionale ai Paesi che ne erano dotati, come dimostra il caso di Cuba negli anni '80 e il caso Iran, oggi. La spinta per la costruzione di nuove centrali nucleari si è spostata in Asia: 6 reattori in costruzione in Cina, 6 in India, 3 in Corea, 1 in Giappone, 1 in Pakistan secondo l'Aiea, ma non riusciranno a compensare la chiusura di un numero ben più rilevante di vecchie centrali. In Europa il modello EPR di terza generazione è in via di realizzazione solo in Finlandia, a Olkiluoto-3 (2 reattori di vecchia generazione sono già in funzione), mentre è al primo stadio di costruzione a Flamanville in Francia (l'ENEL ne possiede una quota del 12,5%). 8) I REATTORI DI III GENERAZIONE SOLO UNA EVOLUZIONE DELLA II. Quasi tutti i 439 reattori a uso civile funzionanti oggi nel mondo appartengono alla II generazione. Si tratta di vari tipi di reattore (PWR, BWR, CANDU…) con raffreddamento ad acqua. Per stessa ammissione dei costruttori, EPR è una evoluzione e non una rivoluzione dei reattori precedenti. Questi reattori di III generazione hanno una maggiore flessibilità operativa e un uso più efficiente del combustibile, sia esso uranio arricchito 235 oppure una miscela di ossidi di uranio e di plutonio (MOx) prodotta dagli impianti di riprocessamento. Si tratta di centrali che producono elettricità col calore che si libera in seguito alla fissione, mediante urto di neutroni rallentati per passaggio attraverso acqua, dei nuclei di uranio 235 con formazione di vari sottoprodotti tutti radioattivi, fra cui plutonio. Il calore che si libera viene trasferito ad una massa di acqua sotto pressione a circa 150 atmosfere e circa 300 gradi che circola in un circuito "primario" di tubazioni e viene poi trasferito ad altra acqua, contenuta in un circuito "secondario", che si trasforma a sua volta in vapore capace di far girare le turbine del generatore di elettricità. Un enorme flusso di acqua di raffreddamento, circa 70 metri cubi al secondo, trasforma di nuovo il vapore in uscita dalle turbine in acqua liquida che torna nella caldaia del circuito secondario. In queste centrali l'acqua del circuito primario, radioattiva, non viene a contatto con l'acqua del circuito secondario. Il cuore della centrale è circondato da un doppio involucro di protezione di cemento armato e, nel caso di fuoriuscita del fluido del reattore, sono stati pensati speciali meccanismi di raccolta dei liquidi radioattivi.
9) NON ESISTE ANCORA IL NUCLEARE " SICURO". Il tema del rischio e della "sicurezza" non va sottovalutato nemmeno oggi. Il giornale "Indipendent" ha sparato a zero sull'EPR francese, modello di terza generazione, sostenendo che è assai più rischioso di quelli precedenti: in caso di incidente catastrofico morirebbero il doppio delle persone rispetto ad un vecchio reattore poiché la quantità di materiali radioattivi presenti nel reattore EPR è maggiore. Certo è che, non avendo più l'Italia alcun know-how in materia, importeremo dalla Francia i tecnici e gli esperti di livello alto, e noi offriremo manovalanza. Sulla sicurezza non bisogna ingannare le popolazioni locali: perché altrimenti anche in questo provvedimento si dà grande spazio alle misure compensative? Indennizzo altissimo ai Comuni che ospitano sul loro territorio centrali nucleari: perché? Solo un retaggio delle paure del passato, solo monetizzazione del disagio, o compravendita del consenso per i potenziali rischi che effettivamente si possono correre? Si dice da parte di giornalisti iperconformisti come Vespa: tanto siamo circondati da centrali nucleari in Francia e in Slovenia! Ma una cosa è avere una centrale a 100 o 200 chilometri, altra cosa è averla nel raggio di 10-20 chilometri. Come mai le misure di sicurezza per le centrali nucleari prevedono, in casi di incidente rilevante, Piani di evacuazione delle popolazioni residenti fino ad un raggio di 15 chilometri? Come mai Cremona e Piacenza rientravano nei Piani di sicurezza di Caorso? Senza parlare della inevitabile "militarizzazione" della sicurezza in chiave anti-terrorismo. 10) FUNZIONAMENTO DEI SISTEMI DI SICUREZZA DI NUOVA PROGETTAZIONE. Le centrali nucleari di III generazione adottano due diversi tipi di sicurezza: "ridondanti" o "passivi". L'EPR francese adotta sistemi di sicurezza "ridondanti", cioè se esiste un sistema di pompe per far circolare l'acqua per il raffreddamento, tale sistema viene quadruplicato in modo che, se si guasta, ve ne sono altri tre pronti ad entrare in azione. Invece il modello AP 1000 di Westinghouse adotta sistemi di tipo "passivo" che, facendo affidamento su gravità, circolazione naturale, convezione e gas compressi, mettono il reattore nella condizione di auto-arrestarsi in caso di necessità e di assicurare la refrigerazione anche in assenza di alimentazione elettrica e di operatori. I Manuali in dotazione ai tecnici delle centrali di III generazione non escludono né diverse tipologie di avaria come la rottura improvvisa di tubazioni del circuito di raffreddamento, né guasti nei sistemi di emergenza e nemmeno l'eventualità di incidente grave, fino al surriscaldamento del combustibile nucleare. Per questo i principali temi di ricerca e indagine tuttora aperti riguardano soprattutto le fenomenologie fisico-chimiche legate al degrado e alla fusione del nocciolo del reattore, il confinamento e raffreddamento del corium (nocciolo fuso), i fenomeni esplosivi che potrebbero danneggiare il contenitore, il rilascio e trasporto delle sostanze radioattive aeriformi. 11) A QUANDO IL NUCLEARE DI IV GENERAZIONE ? Il nucleare veramente "sicuro" non esiste ancora e, forse, non è nemmeno all'orizzonte. Miglioramenti sono in fase di studio con la Generazione III+ pronta tra 3-4 anni. Ma il vero salto di qualità dovrebbe avvenire solo con i reattori nucleari di IV generazione, in grado di minimizzare se non azzerare la produzione di scorie radioattive. Attualmente esiste un comitato internazionale formato da dieci Paesi che lavora su 6 tecnologie di reattori, comunemente identificato col termine " quarta generazione": 1) reattori veloci raffreddati a gas 2) reattori veloci raffreddati al piombo 3) reattori a sale fuso 4) reattori veloci raffreddati al sodio 5) reattori supercritici raffreddati ad acqua 6) reattori a gas ad altissima temperatura. Quale di questi vedrà la luce, è troppo presto per dirlo. Negli ultimi anni sono state lanciate iniziative di ricerca a supporto dello sviluppo di reattori di IV generazione tra cui quella dell' U.S. Department of Energy (DOE), quella dell'International Project on Innovative Reactors and
Fuel Cycles (INPRO), quella del Global Nuclear Energy Programme (GNEP), quest'ultimo sottoscritto dall'ultimo governo Prodi. 12) ENORME E IRRISOLTO IL PROBLEMA DELLE SCORIE. Come si risolve il problema del sito nazionale delle scorie radioattive? Il Ministro Scajola ha detto, sempre da Vespa, che si possono ridurre ad un metro cubo all'anno. Ma i centinaia di fusti a bassa e media radioattività non li conteggia? E le barre mandate all'estero per essere riprocessate, non crede comportino rischi ed elevate misura di sicurezza? Una volta esaurito il fissile presente nel combustibile, infatti, restano i sottoprodotti della reazione a catena: una gamma di isotopi con tempi di decadimento variabili, per alcuni valutabili in migliaia di anni. Secondo i dati ufficiali dell'ISPRA abbiamo in Italia circa 60 mila metri cubi di rifiuti radioattivi (in parte stoccati all'estero ma destinati a rientrare) e 235 tonnellate di combustibile irraggiato per il quale occorre trovare un sito di massima sicurezza. Oggi il 70% delle scorie presenti sul territorio nazionale è concentrato a Saluggia in Piemonte, sito provvisorio perché alluvionale. Nell'Unione Europea (i dati ufficiali si riferiscono ancora all'Europa a 25) ogni anno vengono prodotti circa 40.000 metri cubi di rifiuti radioattivi, dei quali 4.000 sono quelli ad alta attività e a lunga vita, classificati categoria 3. Per il loro stoccaggio è necessario rinchiuderle in profondità, all'interno di cassaforti geologicamente sicure, come il deposito di Yucca Mountain, in Nevada pronto forse nel 2017. Oppure ridurli tramite ritrattamento nucleare: peccato che questo sia possibile con i reattori autofertilizzanti di IV generazione, che sono il vero salto tecnologico, pronti forse fra 20-25 anni, sui quali puntava il governo Prodi. 13) CHI PAGA LO SMANTELLAMENTO DELLE CENTRALI ? Il ministro Scajola ha lamentato che paghiamo ancora, come italiani, nella bolletta della luce i costi della chiusura delle centrali nucleari. Come dire, tanto vale pagare per qualcosa che almeno è in funzione. Un imbroglio gigantesco, abilmente ammantato da apparente ma immorale " buon senso". Infatti quando le centrali nucleari chiudono, sia che abbiano funzionato per 30 anni (ad oggi vita massima loro consentita) sia che abbiano fallito per malfunzionamento o scelte politiche diverse, devono essere smantellate e messe in sicurezza per i secoli a venire con costi altissimi, che ricadono sull'intera collettività. Questo processo si chiama "decommissioning" e, solitamente, chi costruisce centrali nucleari non lo contabilizza tra i costi, perché tanto ricade sullo Stato e sulle generazioni future. Fra 3-4 anni finiremo di pagare per le centrali dismesse in Italia. Ha senso mettere sulle spalle degli italiani che verranno il decommissionig di 4 nuove centrali nucleari? 14) QUANTO COSTA DAVVERO IL NUCLEARE ? Il solito balletto di cifre è funzionale a confondere le acque, ad accettare una tesi o l'altra come fosse una scelta di campo o, addirittura, una scelta di fede. Ha ragione il prof. Luigi De Paoli, della Bocconi, quando parla di variabili e di calcolo delle probabilità nel cercare di definire il costo del nucleare e nel compararlo con le altre fonti di energia. Il calcolo più semplice è quello di prendere in considerazione il costo di costruzione della centrale; ma poi c'è il costo di gestione che varia tantissimo per tipologia di energia prodotta; infine c'è il problema, specifico di ogni centrale nucleare, del costo del suo smantellamento a fine corsa che viene addossato solitamente tutto allo Stato. Se solo si valutasse la convenienza del nucleare sotto quest'ultimo aspetto, quello del costo del "decommissionig", cioè dello smantellamento e messa in sicurezza di una centrale chiusa, non ci sarebbero dubbi sulla antieconomicità della fonte nucleare: nei 30 anni successivi alla chiusura di questo tipo di centrali, lo
Stato deve sborsare una cifra non inferiore all'intero ammontare investito per la loro costruzione. Prendiamo allora in considerazione il costo di produzione sotto i primi due aspetti: costruzione e gestione. La AIEA nel 2005 stimava il costo dell'energia prodotta dal nucleare 60/70 euro al MWh. Aspoitalia calcola che EDF incassi in Francia circa 73 euro al MWh. Secondo i dati del Massachusetts Institute of Technology nel rapporto "The future of nuclear power" del 2003 i costi del chilowattora prodotto con carbone e gas, sono rispettivamente di 4,2 centesimi e 4,1 centesimi di dollaro, mentre il chilowattora nucleare di un centrale in grado di operare per 40 anni costa ben 6,7 centesimi di dollaro. Sempre negli Stati Uniti il costo di gestione degli impianti viene valutato pari a 4,89 dollari per MWh per il carbone; 1,44 dollari per il gas a ciclo combinato; 9,27 dollari per l'eolico; 8,1 dollari per il nucleare. Installare l'eolico costa il 40% rispetto al nucleare. Tuttavia a parità di potenza installata, l'eolico produce un terzo di energia elettrica rispetto al nucleare. Quindi per arrivare alla stessa quantità di corrente erogata, bisognerebbe triplicare la potenza installata di eolico e i relativi investimenti. Così i costi alla fine si avvicinerebbero, fatto salvo che eolico e nucleare sono nella fascia alta dei costi di produzione e di gestione, che dunque è una leggenda metropolitana che il costo dell'energia elettrica potrebbe diminuire di molto se l'Italia entrasse nel nucleare. Il vantaggio delle altre energie, soprattutto di quelle rinnovabili, è che non hanno costi ambientali e sociali micidiali come quelli del nucleare, perché non hanno bisogno di discariche speciali e di siti nazionali per le scorie. Chi pagherà questi costi: le imprese che costruiranno le centrali nucleari o lo Stato? Quando si parla di incentivi per convincere i Comuni ad accettare un insediamento nucleare, i vari futuri "tesoretti" usciranno dalle tasche delle imprese o dello Stato, cioè dai cittadini tutti? Quando si parla di Agenzia nazionale per l'energia nucleare da creare, verrà finanziata da soldi pubblici o privati? La risposta è evidente: una quantità enorme di risorse pubbliche verrà dirottata a coprire i costi di una operazione, quella del ritorno al nucleare, che ci farà perdere l'occasione di uscire dalla crisi economica mondiale con un sistema produttivo rinnovato e tecnologicamente e ambientalmente più avanzato. 15) ALLA RICERCA DI SITI IDONEI SUL TERRITORIO ITALIANO. Dove verranno collocate le 4 nuove centrali nucleari? Se si seguissero criteri scientifici stringenti, sarebbe molto difficile trovare siti davvero idonei sul territorio italiano. Dovrebbero avere massima sicurezza sismica, in aree con scarsa densità abitativa, con una notevole disponibilità di acqua per il raffreddamento del processo, vicine se possibile alle principali reti per il trasferimento dell'energia elettrica ai poli industriali più energivori (cioè al Nord). Un flusso di acqua di 70 metri cubi al secondo è possibile solo sull'asta del Po, anzi, secondo Giorgio Nebbia solo usando l'acqua di mare, su suolo geologicamente stabile e senza rischi di terremoti, come le centrali di Olkiluoto e Flamanville collocate in due promontori di rocce granitiche in riva al mare. L'ideale, dicono alcuni esperti, sarebbe vicino ad un grande porto, perché una parte dei macchinari deve essere importata via mare: il contenitore del reattore finlandese è stato costruito in Giappone, anche se le due ditte capofila sono europee, la francese Areva ( 90% di proprietà pubblica) e la tedesca Siemens. Siamo di fronte a più di un paradosso: le nostre bellissime coste non avrebbero dovuto meritare un grande rilancio turistico? E poi, la globalizzazione dei mercati, l'internazionalizzazione delle imprese, la nuova logistica delle merci non doveva farci finanziare il rilancio del sistema portuale italiano sempre più competitivo e collegato alle nuove rotte mercantili verso l'est? Invece ci serve un porto per scaricare una tecnologia che non siamo in grado di produrre in Italia e per sacrificare chilometri di costa!!! Berlusconi ha parlato anche di "riapertura dei vecchi siti": difficile pensare che sia una ipotesi totalmente inventata, probabilmente chi nel governo ha la regia tecnica di questa operazione si rende conto che l'ostilità principale verrà dai territori e dalle Province coinvolte e che la "carta dei siti" ritenuti idonei ai tempi della precedente avventura nucleare italiana (1975-1986) non potrà essere ampliata di molto e che forse conviene ripartire da chi ha già collaborato nella fase precedente. Per questo aspettiamoci che Caorso sia nella
lista, così come in Lombardia siti del Lodigiano e del Viadanese, non perché siano pronti a collaborare, ma perché lo è Formigoni, sulla loro testa. Ricordiamoci che nell'aggiornamento del " Piano energetico nazionale" del 1985, l'ultimo prima del referendum del 1987, si erano stabiliti i siti di Montalto di Castro, due siti in Piemonte, due in Lombardia e due in Puglia. Il recente gravissimo terremoto che ha colpito l'Abruzzo ha riportato all'attenzione dell'opinione pubblica la fragilità complessiva del territorio italiano e, in particolare, la presenza assai diffusa di aree ad alta sismicità e, dunque, incompatibili con l'installazione di centrali nucleari. Per ora non si segnala nessun ripensamento da parte del Governo. In Commissione territorio e ambiente del Senato, dove si sta esaminando il Disegno di legge sul ritorno al nucleare, ovviamente il problema è stato affrontato con una serie di audizioni di esperti . Da segnalare l'audizione del 4 marzo con le dichiarazioni del prof. Enzo Boschi, direttore dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, che ha valutato inidoneo il sito di Augusta in Sicilia perché si trova su una faglia sismica. Invece ha parlato della Sardegna come di un'isola che ha una storia geologica completamente diversa dalla penisola italiana : "la Sardegna, terra antica e stabile, dove le scosse di terremoto sono rare e leggere, potrebbe ospitare tutte e 4 le nuove centrali !" Certo, ha riconosciuto il prof. Boschi, poi resterebbe il problema del trasferimento dell'energia elettrica al continente… Non sentite odore di bruciato ? Un esperto di alto livello, che tiene alla propria credibilità scientifica ma che non vuole contraddire il Governo sul nucleare, addirittura indica una sola Regione come quella in grado di garantire la sicurezza dai rischi sismici. Poiché non è pensabile che la Sardegna si carichi di questo fardello, vedrete che i siti verranno scelti non in base a valutazioni scientifiche indipendenti, ma a criteri di convenienza politica. 16) I SITI NUCLEARI IMPOSTI AI TERRITORI ALLA FACCIA DEL FEDERALISMO ! Il disegno di legge in discussione al Senato, se approvato nella sua impostazione di fondo, impedisce ogni orientamento comune dei territori, scardina ogni solidarietà territoriale, premia unicamente l'Ente locale che è pronto a monetizzare il proprio consenso all'installazione del nucleare, lo punisce con il Commissariamento se lo rifiuta. Se passa questo disegno di legge l'Emilia Romagna, come ogni altra Regione, non potrà opporsi all'installazione di centrali nucleari una volta individuati siti idonei da parte dei saggi, del Governo e delle imprese costruttrici. La Provincia di Piacenza che ha istituito un "tavolo della trasparenza" per Caorso e ha votato ufficialmente che, fino al completamento del "decommissioning" della vecchia centrale previsto per il 2019, non intende assumersi altri oneri di tipo nucleare, non avrà alcuna autorità per opporsi, anche se ricorresse ad un referendum stravotato dai cittadini. Anche la Provincia di Cremona come la città capoluogo, se passasse questo provvedimento legislativo, sarebbero completamente esautorate. Ferire così il territorio è ferire la democrazia, concepire il federalismo non come migliore articolazione delle autonomie e delle responsabilità, ma come distribuzione di mance e premi a chi serve meglio i nuovi disegni centralistici. PARTE III IL NUCLEARE CIVILE COME SVILUPPO DEL NUCLEARE MILITARE L'industria elettronucleare nasce come ricaduta tecnologica del nucleare militare e serve anche allo sviluppo di quest'ultimo. Già negli anni 40' si comincia a pensare che sia vantaggioso costruire centrali nucleari civili che, mentre producono energia, possono fornire plutonio e altro materiale fissile
per uso militare, permettendo allo stesso tempo di ammortizzare i costi con la vendita dell'energia prodotta. Seguiamo il racconto di Richard Rhodes, autore del libro " L'invenzione della bomba atomica" e convinto sostenitore del nucleare : " La comparsa dell'energia nucleare nel XX secolo è il risultato di un processo di adattamento. Negli Stati Uniti, in Unione Sovietica, in Gran Bretagna, in Francia e in Cina i reattori nucleari vennero inizialmente sviluppati per generare plutonio per le armi nucleari. Lo sviluppo dei reattori a scopo energetico fu ritardato negli anni immediatamente successivi alla Seconda Guerra mondiale in quanto tutte le persone coinvolte nelle attività riguardanti l'energia atomica ritenevano che l'uranio grezzo di alta qualità fosse troppo raro per utilizzarlo al di fuori della produzione di armi." "Un ulteriore ritardo derivò dalle esigenze di segretezza. L'Atomic Energy Act del 1946 conferiva al governo federale degli Stati Uniti il monopolio assoluto sull'energia atomica. La pena per la divulgazione di segreti atomici era l'ergastolo o la morte. Queste restrizioni e impostazioni dovettero essere rivedute affinchè le aziende di servizi pubblici potessero possedere o costruire centrali nucleari. Nel 1954 il Congresso emendò l'Atomic Energy Act per consentire all'industria privata di possedere o gestire reattori e avviò la costruzione di una centrale dimostrativa da 60 megawatt a Shippingport, in Pennsylvania. Il reattore era un Westinghouse navale modificato, un sistema all'epoca in fase di sviluppo per alimentare le portaerei. I reattori navali usano come combustibile l'uranio arricchito di alto livello di tipo bellico e come conduttore di calore l'acqua. L'ammiraglio Hyman Rickover, che fu a capo dello sviluppo iniziale di reattori navali e civili, decise con coraggio e assennatezza di usare ossido di uranio scarsamente arricchito per il reattore civile, allo scopo di ridurre il rischio che il combustibile potesse essere sottratto alla centrale e usato per la costruzione di bombe." " L'ossido di uranio, che divenne il combustibile standard per i reattori commerciali, è meno denso del metallo uranio e conduce meno il calore. E dato che il reattore ad acqua pressurizzata non è autofertilizzante, la maggior parte del combustibile va sprecata, aumentando così il volume delle scorie radioattive durevoli. Per rendere competitiva questa soluzione di compromesso in un campo dominato da combustibili fossili relativamente economici, i produttori di reattori sfruttarono il più possibile questo tipo di progetto, massimizzando le temperature, le pressioni e le densità di energia, e ciò portò a interruzioni più frequenti e aumentò il rischio di break down, che a sua volta rese necessari sistemi di sicurezza più complessi. " Rhodes racconta poi come le centrali, che nel 1963 avevano una potenza massima di 200 megawatt, quattro anni dopo furono progettate a 1.200 megawatt con la conseguenza che " la strumentazione di sicurezza che i legislatori federali ritenevano sufficiente a 200 megawatt non sembrava più tale a 1.200 megawatt, e così iniziarono a richiedere sistemi di sicurezza aggiuntivi, facendo crescere vertiginosamente i costi. " A causa dell'escalation delle dimensioni dei reattori, del raddoppio del tempo di costruzione, " la filosofia di progettazione passò dalla difesa del combustibile alla sicurezza costruttiva e divenne impossibile dimostrare che i grandi reattori statunitensi fossero ragionevolmente sicuri. Una cultura della sicurezza non si sviluppò né si mantenne nemmeno tra le squadre operative presso le aziende private di servizi, a cui mancava l'esperienza nella gestione del nucleare. Furono questi problemi e non l'attivismo antinucleare a portare alla cancellazione delle commesse e al blocco produttivo che seguirono l'embargo del petrolio arabo del 1973-1974. Negli Stati Uniti vennero annullate le commesse per un centinaio di centrali nucleari e per ottantadue centrali a carbone, perché l'embargo del petrolio arabo stimolò nel paese grandi avanzamenti nella conservazione dell'energia, interrompendo la crescita costante della domanda". Ho riportato questo lungo racconto di un convinto sostenitore del nucleare sia civile che militare, perché ci suggerisce molte più cose di quelle che scrive, compreso il fatto che siamo di fronte a una fede, a una ideologia, a una forzatura oltre ogni "principio di precauzione" se è vero che Rhodes, dopo l'analisi critica della storia del nucleare negli Stati Uniti, si rallegra che oggi nel suo Paese non siano più necessarie due licenze per le centrali nucleari: la licenza di edificazione e la licenza operativa. Così
le centrali, che prima dovevano essere progettate per il sito che le doveva ospitare, potranno essere prefabbricate con modalità standard e grande riduzione dei costi! Per fortuna è arrivato Obama… Seguiamo adesso il pensiero di un pacifista convinto, Angelo Baracca, docente universitario, che critica con forza l'ipocrisia di tanti Governi e diplomazie sul caso Iran: il pericolo del programma nucleare iraniano verrebbe accentuato e drammatizzato per giustificare il rilancio della proliferazione mondiale. " L'Iran aderisce al Trattato di Non Proliferazione Nucleare, TNP, che venne concepito proprio con lo scopo asimmetrico di promuovere la commercializzazione dell'energia nucleare per usi civili, impedendo però la proliferazione delle armi nucleari: obiettivo intrinsecamente contradditorio dato l'ineliminabile carattere dual-use della tecnologia nucleare." La duplicità di questo uso significherebbe che l'Iran sta perseguendo l'obiettivo di arricchire l'uranio oltre il 90% per fini militari. Infatti per realizzare armi nucleari, partendo dalle tecnologie civili, vi sono due strade : l'arricchimento dell'uranio oltre il 90% , come ha fatto il Pakistan. Oppure la separazione del plutonio attraverso il riprocessamento del combustibile esaurito, come ha fatto l'India. Secondo il fisico Baracca, il programma di sviluppo del nucleare civile nel mondo è sostanzialmente fallito : " si pensi che in questi 60 anni sono stati realizzati nel mondo circa 500 reattori, a fronte di 130.000 bombe nucleari !" Dunque " i programmi nucleari civili crescono all'ombra di programmi militari, i quali ne costituiscono il supporto e la motivazione reale." Un esempio è la Francia che, come Stato, gestisce contemporaneamente il sistema delle centrali nucleari ed uno degli arsenali militari più moderni del mondo, con un intreccio di costi e di economie complessivo. La situazione negli Usa è diversa: il programma militare è dello Stato, mentre l'energia elettrica è prodotta da imprese private, le quali sanno bene che il nucleare non è conveniente senza un forte sostegno pubblico, tant'è che da un quarto di secolo non ordinano nuove centrali". Ma proprio riconoscendo il carattere dual-use della tecnologia nucleare, le preoccupazioni rispetto alla politica iraniana paiono più che fondate, anche se altrettanto rigore andrebbe usato verso Israele, verso il Pakistan o l'India, per non parlare dell'incognita rappresentata dalla Corea del Nord. Il problema è che chi dovrebbe usare questo rigore siede nel Consiglio di Sicurezza dell'ONU non solo con un seggio permanente e con il diritto di veto, ma con un imponente arsenale nucleare alle spalle. Tutte e cinque i Paesi che hanno un seggio permanente all'Onu sono le prime 5 potenze nucleari del pianeta. Per questo il tema del disarmo è strettamente legato alla democratizzazione dell'ONU e del sistema delle relazioni internazionali e alla creazione di un multipolarismo capace di risolvere politicamente i conflitti senza ricorrere alla forza delle armi. Senza questo processo politico globale che porti alla drastica riduzione e poi all'eliminazione degli arsenali nucleari tattici e strategici , avrebbe ragione chi considera ineliminabile il dual-use e dunque sempre persistente il pericolo della proliferazione nucleare.
Source: http://www.ilpozzodeipezzipazzi.it/download/nucleare.pdf
North Manchester CCG Board Meeting – 11 February 2015 Dr Martin Whiting Paper prepared by: Dr Martin Whiting Dr Martin Whiting Sub-Committee consideration Chief Clinical Officer's Report Background papers and links to priorities/objectives: To provide an update to the board on strategic Purpose of the paper: developments within Greater Manchester.
NEUROBIOLOGY, COGNITIVE AND EMOTION ALTERATIONS NEUROBIOLÓGICAS, AND PREDICTORS OF RESPONSE PHARMACOLOGICAL EMOCIONALES E ÍNDICES TREATMENT IN MAJOR DEPRESSION DISORDER PREDICTIVOS DE LARESPUESTA AL GABRIELA CASTILLO-PARRA Universidad Camilo José Cela FEGGY OSTROSKY-SOLÍS Universidad Nacional Autónoma de México FARMACOLÓGICO EN EL HUMBERTO NICOLINI